La salute è un bene prezioso.

La salute è un bene prezioso.

Mai come in questo momento storico ci si affida spesso al web per cercare informazioni, trovare risposte a problemi e domande, dalle più banali a quelle più complesse.

Affidarsi a chi ha competenza ed esperienza è il primo passo per prendersi cura di sé al meglio e l’unico modo per provare a riconoscere e risolvere piccoli o grandi problemi.

CONTATTI

Intervento Chirurgico?Non sempre serve.

Non sempre l’intervento chirurgico è l’unica soluzione possibile o la più indicata.
La disponibilità di nuove terapie mediche anche in ambito ginecologico permette oggi di ridurre le indicazioni alla chirurgia.

Intervento Chirurgico?Non sempre serve.

Non sempre l’intervento chirurgico è l’unica soluzione possibile o la più indicata.
La disponibilità di nuove terapie mediche anche in ambito ginecologico permette oggi di ridurre le indicazioni alla chirurgia.

Approccio personalizzato

Ciò che viene richiesto al chirurgo è proporre alla paziente l’intervento mini-invasivo più appropriato per Lei, un po’ come un abito sartoriale ritagliato su misura.

Approccio personalizzato

Ciò che viene richiesto al chirurgo è proporre alla paziente l’intervento mini-invasivo più appropriato per Lei, un po’ come un abito sartoriale ritagliato su misura.

Mini-invasività

Le tecniche endoscopiche (Isteroscopia, Laparoscopia, Robotica) e la chirurgia senza cicatrici attraverso orifizi naturali (chirurgia vaginale) permettono oggi di dare una soluzione chirurgica mini-invasiva a più del 90% delle donne affette da patologia ginecologica sia in ambito di patologia ginecologica benigna (fibromi, polipi, endometriosi, infertilità, incontinenza urinaria…) sia in ambito oncologico.

Obiettivi in Chirurgia Ginecologica sono oggi l’accesso ambulatoriale senza necessità di ricovero, l’assenza o la riduzione delle cicatrici chirurgiche e la conseguente riduzione del dolore post-operatorio.


Prestazioni diagnostiche

Metto a disposizione delle pazienti che si affidano a me le mie conoscenze in continua evoluzione e la mia esperienza in ambito Ginecologico-Ostetrico, avvalendomi dei più moderni strumenti e tecniche diagnostiche che la ricerca ci offre.

Casi clinici

Ricordo Rachele, una delle prime pazienti.  Settanta anni ben portati ma vita limitata tra casa sua, o meglio tra il suo bagno, quello della figlia e quello della consuocera, tre palazzi vicini che erano il massimo della sua autonomia vescicale. Spesa nel negozio sotto casa e minzione prima di uscire ed al rientro. In lei mi sono stati subito ben evidenti i meccanismi di compenso messi in atto da chi è incontinente: bere sempre meno e urinare sempre più spesso. Lei mingeva ogni mezz’ora, cercava di prevenire, di anticipare le perdite. Ma la vescica, il nostro palloncino, facendo così si rimpicciolisce e ci comunica la necessità di mingere a volumi sempre più piccoli. È il gatto che si morde la coda e il sintomo incontinenza peggiora. Urinava ogni mezz’ora di giorno e di notte che tragedia! Era sempre più stravolta dai continui risvegli e con una qualità di vita terribile.

Inizia il percorso, capisce subito l’importanza della sua collaborazione poco a poco inizia a rimandare la minzione, la vescica è ancora elastica, gradatamente torna a dimensioni normali. Scopre che può farcela, comincia a togliere la protezione in casa, mi dà fiducia, osa. Nel giro di qualche mese la sua vita si normalizza e un giorno mi telefona e mi dice: “sono andata a Chiavari in corriera, ho fatto un giro sul mercato e sono tornata a casa dopo tre ore, ho urinato al ritorno a casa, evviva, c’è l’ho fatta!” Che gioia per lei, per me, per i familiari.

Graziella è una paziente facile, un caso semplice di incontinenza urinaria da sforzo post menopausa. Una figlia, parto tranquilla. Arriva a 55 anni, da 5 è in menopausa e da circa 3 anni riferisce saltuarie perdite urinarie al colpo di tosse, starnuto, corsetta. Poca roba, ma non vuole abituarsi a portare l’assorbente, la irrita. In tivù vede sempre più frequentemente la pubblicità degli assorbenti, i pannolini che controllano l’odore, traspiranti, anallergici, che danno la sensazione di asciutto, ad assorbenza variabile.

Visita il sito degli assorbenti e scopre un mondo di assorbenti per uomo, per donna, a mutandina, ecc. Va avanti, legge le storie riportate e capisce che la situazione può peggiorare, che queste donne sono passate dal salvaslip agli assorbenti con una, due, tre gocce fino ad arrivare alle mutandine. Non vuole peggiorare, possibile che sia l’unica soluzione?

In un angolo legge “rafforzamento del pavimento pelvico”, che cosa vuol dire? Cosa si può fare? Va dalla ginecologa, vuol saperne di più, la incalza. Questa la informa che forse in ospedale fanno qualcosa, in fisioterapia.

Esce non totalmente convinta, in fisioterapia? Non è forse l’ostetrica che si occupa di quella zona? Conosce una fisioterapista, la contatta, chiede. Si, è proprio così, esiste una branca della fisioterapia che si occupa della riabilitazione del pavimento pelvico. Graziella è decisa, non vuol perdere tempo, fa velocemente una visita privata con il fisiatra. Sì, si può intervenire, si può migliorare.

L’attesa è lunga ma il fisiatra durante la visita le ha insegnato come attivare i muscoli del pavimento pelvico. Inizia, fa fatica, dopo poche ripetizioni si stanca e non ce la fa più, le viene qualche dubbio. Decide di tornare a visita privata dal fisiatra, vuol capire se sta sbagliando qualcosa, anzi chiederà se c’è qualche fisioterapista che si occupa di questo privatamente. Seconda visita, quello che sta facendo è utile, il muscolo è debole ma risponde, riceve altre indicazioni ma deve aspettare, perché a parere del medico, nessuno si occupa privatamente di questo tipo di riabilitazione.

Quando finalmente riesco ad inserirla, otto mesi dopo, Graziella arriva contenta di iniziare. È già a buon punto, si è portata avanti, riesce a fare più ripetizioni di seguito. Inseriamo prontamente l’attivazione del pavimento pelvico nelle attività della vita quotidiana e sotto sforzo, migliora prontamente. Inizialmente le perdite si diradano, poi scompaiono, ha imparato a preattivare. Una mattina Graziella, che è un’insegnante di lettere e che sa sempre usare la parola giusta per descrivere ogni cosa, arriva e mi dice: “non saprei dirle che cosa è cambiato ma la mia evacuazione è più armonica”. Graziella non aveva riferito problemi di stipsi o altre problematiche sul pavimento pelvico posteriore ma con il termine “armonico” ci sta dicendo che la funzione fecale ha recuperato naturalezza, spontaneità. Grazie, Graziella, con questo ci sta dicendo che il lavoro fatto non ha solo risolto l’incontinenza, ma ha ridato armonia a quella parte. E la lombalgia chiedo? Mi risponde che non si è più presentata. Vorrei chiederle: e la sessualità? Ma questo è una porta che non mi ha mai permesso di aprire.

La incontro ogni tanto a passeggio con il marito mano nella mano, mi salutano entrambi sorridenti, forse ho contribuito anche ad un’altra “armonia” che è solo loro.

E poi penso a Franca, 64 anni ben portati nonostante i numerosi acciacchi: una scoliosi con doppia curva con conseguente accorciamento del tronco, artrite psoriasica, fibromialgia e naturalmente prolasso. A lei mi viene spontaneo affiancare Marisa, cinque anni in meno ma dorso curvo, iperlordosi, il tutto peggiorato da una serie di interventi toraco addominali per importante ernia iatale che hanno peggiorato l’accorciamento della catena anteriore e naturalmente cistocele. Due donne determinate a cercare una soluzione non chirurgica del loro prolasso, considerate le comorbilità. Anche qui, dopo l’approccio iniziale è chiaro che non si può lavorare solo sul pavimento pelvico, occorre uno sguardo a 360 gradi perché solo allungando quei corpi accorciati dalla sofferenza, dalle posture errate, dalle cicatrici e dal dolore, iniziando dalla respirazione che, prima superficiale,  inizia a farsi spazio in quei toraci bloccati, liberando il diaframma, allargando le coste e dolcemente allungando quegli addominali accorciati, aprendo il fianco, le spalle, il collo, la testa, allungando gli arti superiori e inferiori, riaprendo quei corpi sofferenti alla vita e al mondo.

Pazienza, dolcezza, costanza e che piacere nell’accorgersi che man mano che il corpo si lascia rimodellare automaticamente il prolasso risale e rientra. Sparisce quel senso di peso al basso ventre, la “pallina” scompare e possono chiudere la porta a quell’ingombro vaginale che si fa sentire sempre più raramente e quando compare Marisa dice “devo ricordarmi il filo, io sono protesa al cielo”.

Franca e Marisa mi hanno inoltre insegnato l’importanza della lubrificazione vaginale post menopausa che all’inizio ho consigliato loro cautamente perché temevo che facilitasse la discesa del prolasso. Invece loro mi hanno insegnato che è utile, anzi indispensabile per favorirne il rientro. L’esperienza insegna e dai miei pazienti ho imparato molto, occorre aprirsi all’ascolto perché chi si sente accolto e ascoltato si apre, dà fiducia, lavora. Marisa e Franca l’hanno fatto e il risultato si è visto. Non sono un chirurgo, non riposiziono e fisso con ago e filo gli organi ma possiamo insieme provare a ridare spazio, a percepire, a cercare una strada. A ogni cosa il suo posto, a ogni posto la sua cosa.  E non dimentichiamoci, in caso di insuccesso e trattamento chirurgico del prolasso, che aver migliorato il trofismo del pavimento pelvico eviterà la comparsa di incontinenza urinaria post intervento, spesso nascosta dal prolasso che fa da tappo. Anche l’aver migliorato la postura del paziente non è stato certamente un lavoro inutile. Si auspica il proseguimento.

Mi inviano Lisa, 33 anni, dispaurenia, cistiti ricorrenti, probabile endometriosi. Sposata da cinque anni dopo 3 di convivenza. Bel tipo, sembra sorridente, aperta. Inizia a raccontare di sé a ruota libera. A volte lascio che vadano, hanno bisogno di parlare, di sfogarsi. Oggi abbiamo tutti tanti amici via Facebook e con i gruppi di WhatsApp ma pochi rapporti umani veri, quelli con cui confidarsi, poche amiche con cui poter ridere a crepapelle o piangere quando necessario. Da subito, mentre racconta, colgo questa solitudine: la famiglia, una sorella, le passeggiate col cane.

Prima di Luca qualche storia breve, non importante. Poi arriva lui, il grande amore della sua vita. A 18 anni inizia ad assumere la terapia anticoncezionale, vogliono vivere una sessualità responsabile. Poi la decisione di vivere insieme e infine il matrimonio: sembrerebbe una normale sequenzialità ma…. Nel tempo la passione, il desiderio lascia un po’ più spazio alla routine, si parla meno, diminuisce la frequenza dei rapporti e poi quelle cistiti (batteriche e non) sempre più frequenti, antibiotico su antibiotico e che fastidio sempre dopo i rapporti!  Inizia a piangere, lascio che si sfoghi, l’abbraccio, si lascia abbracciare, ha bisogno di coccole. Riprende a parlare: l’intimità si dirada, e poi che tormento stare seduta: è comparso un fastidio sempre più importante dopo poco che è seduta, le brucia sotto, non sa bene descriverlo e localizzarlo, è imbarazzata a parlarne col suo medico e quando lo fa questi non sembra capire. E dire che Lisa fa la segretaria e sta seduta quasi tutto il giorno.

Va dal suo vecchio ginecologo, anche lui non capisce, cambia, gira su internet, compaiono nomi strani: vaginismo, vulvodinia, dolore pelvico cronico, endometriosi, nevralgia del pudendo, tenesmo, ecc. Ma allora non è matta, non si è inventata tutto, il suo “fastidio” ha un nome e non è vero che se le inventa tutte pur di non essere disponibile con lui.

Trovare qualcuno che la aiuti, non è facile, poi forse… inizia un percorso: terapie farmacologiche per via generale e locale, esami, ripetute urinocolture, si parla di secchezza vaginale e idratazione prima dei rapporti, si valuta la stipsi… La situazione migliora un po’ ma non si risolve. Prova a cambiare ancora e ancora. Si passa da diagnosi di cistiti ricorrenti, vaginismo, endometriosi, si parla di biopsie e di intervento ma… Alcuni malintesi la spingono a cambiare ancora ginecologo. Finalmente questo sembra capire il problema, accoglie la fatica di questo percorso, le spiega che quei farmaci sono utili, che lei non è matta, che il suo cervello non sa più riconoscere l’entità del dolore. Oltre ai farmaci potrebbe aiutarla la fisioterapia e un sostegno psicologico. A quest’ultimo ci aveva già pensato, e anzi ha già il nome di un terapeuta di coppia. È sempre più difficile con il marito, la rarità dei rapporti non li aiuta, si vogliono ancora bene ma quanta fatica! Lei insiste con lui per iniziare un percorso insieme ma lui è reticente. Lei decide di iniziare per sé, sperando che prima o poi che lui la segua. Brava Lisa!

Intanto inizia anche con me, cominciamo un lavoro sul rilassamento e allungamento dei muscoli del pavimento pelvico, sulla motilità del coccige, sulla necessità di percepire le proprie tensioni. La stipsi migliora, ha smesso di spingere sia per mingere che per defecare, le feci sono morbide, la capacità vescicale è migliorata, quel fastidio /urgenza è sempre più raro. E poi che beneficio la lubrificazione quotidiana, non solo prima dei rapporti.

Anche il marito finalmente accetta di iniziare un percorso. Fa fatica, salta qualche seduta, ma vuole bene a Lisa, vuole riconquistarla, continua. Forza, andate avanti, ragazzi.

Il dolore durante e dopo i rapporti crea disagio, riduzione del desiderio e se non c’è più piacere dopo si sta male, segue incomprensione nella coppia, difficoltà relazionali, ecc. E qui devo aggiungere che tante volte mi sono chiesta dove finisca il mio compito e dove ne inizi un altro. Io posso avere esperienza ma non sono una psicologa, credo sia bene che ognuno faccia il suo. Forse non guasterebbe scambiarsi qualche consiglio tra le varie figure professionali.  Il mio lavoro con Lisa prosegue anche se la distanza tra il mio studio e casa sua è tanta.  Su mio consiglio inizia parallelamente un corso di yoga e pavimento pelvico in una palestra vicino a casa sua.

La coppia riprende a parlarsi, qualcosa sta cambiando. Lisa ha imparato a conoscersi, a rilassarsi, ad ascoltare i suoi bisogni. Può camminare da sola, se avrà bisogno di me potrà sempre contattarmi, anche solo telefonicamente.

Direi che sta meglio, ogni tanto vedo sue foto con il marito in vacanza sullo stato di WhatsApp, durante una passeggiata, con amici, sorridenti, sereni: stanno ricominciando a vivere.

Nel 1994, a 27 anni Emanuela ha il primo figlio. Parto complicato, lacerazione profonda con lesione sfinterica importante riparata nel migliore modo possibile. Tutto procede bene per alcuni anni, ma poi inizia a perdere gas quando si accuccia, quando solleva un peso, sempre più frequentemente fino ad avere anche perdite fecali incontrollabili precedute da urgenza. Piena di vergogna e imbarazzo, inizia il giro di vari medici: quello di base in primis, il gastroenterologo e successivamente il proctologo. Esami su esami si susseguono: anoscopia, rettoscopia, manometria, defecografia, ecografia con sonda rotante.  Diagnosi: lesione dello sfintere anale esterno e di quello interno da ore 3 a ore 8. È opportuno intervenire chirurgicamente.

Nel 2013 arriva il giorno dell’intervento tanto atteso: sfinteroplastica. A Emanuela sembra un sogno poter risolvere quel tanto odiato problema: lei non usciva più di casa se prima non aveva evacuato, era invasa dal terrore di sporcarsi fuori casa e nonostante le continue precauzioni, qualche volta succedevano inconvenienti lo stesso, come quel giorno al supermercato. Eppure aveva evacuato prima di uscire. Che imbarazzo, e quell’odore, sembrava che tutti la guardassero, non bastava l’assorbente profumato per nascondere l’accaduto: avrebbe voluto sprofondare. Quando me l’ha raccontato non ho osato chiederle come è tornata a casa, non volevo farle rivivere quell’imbarazzo.

Dopo l’intervento il chirurgo le ha detto che è andato tutto bene, ma quei muscoli sembrano non sappiano come muoversi e lei non capisce bene il da farsi, è spaventata, le perdite si ripresentano. E allora? Viene indirizzata al nostro servizio e inizia subito la riabilitazione del pavimento pelvico. Quando il proctologo le ha detto di andare dal fisioterapista pensava si sbagliasse, ignorava l’esistenza di questo tipo di riabilitazione.

Arriva, comincio spiegandole com’è fatta quella zona corporea e, mediante l’utilizzo di tavole anatomiche, vediamo i vari strati muscolari, i punti ossei su cui si inseriscono, quali sono le loro funzioni; parliamo di continenza mediante lo sfintere anale esterno, quello interno, la fionda del pubo coccigeo; parliamo di pavimento pelvico anteriore e posteriore, di cosa vuol dire chiudere, rilasciare, spingere. Non c’è niente di scontato, prima era tutto automatico, ora qualcosa è cambiato, non sa più come attivarli.  Occorre insegnare a quei muscoli il corretto funzionamento e rinforzarli, rimodellare il loro movimento e soprattutto riappropriarsi dell’immagine motoria di quella zona. Inizia il percorso, lei collabora, si organizza con il lavoro, è precisa e puntuale. Lavora in una pescheria, è pesante, tante ore in piedi, solleva cassette di pesce.  Affrontiamo anche questi aspetti, impara come sollevare correttamente un peso, come respirare adeguatamente sotto sforzo, come preattivare la chiusura del pavimento pelvico e altro ancora. Gradatamente riprende il controllo della defecazione, è più sicura, ha fiducia nel suo corpo ed è migliorata la sua autostima, è rinata.  Un giorno mi chiama per dirmi che ha fatto una lunga passeggiata e che appena iniziato il ritorno le è venuta voglia di defecare, è riuscita perfettamente a rimandare l’evacuazione e ad arrivare a casa, si percepisce una grande gioia mentre me lo racconta. Ci salutiamo qualche seduta più tardi con la promessa che continuerà ad esercitarsi.

Ci ricontatta nel 2016, ha cambiato lavoro, ora fa la commessa in un panificio, forse è un po’ meno faticoso e piano piano dimentica di fare esercizio. Ricompare qualche problema, perde nuovamente gas e talora ha soiling e lavorando in un ambiente caldo questo le procura una fastidiosa irritazione alla cute anale e perianale. Capisce di aver sbagliato ad interrompere il lavoro del pavimento pelvico. Nel periodo intercorso tra la visita fisiatrica e l’inserimento in trattamento ha rispolverato quanto appreso precedentemente ed ha iniziato a metterlo in pratica per cui quando arriva il lavoro è già avviato e bastano poche sedute per farla ripartire con grinta. Ribadisco quanto sia importante proseguire l’autotrattamento domiciliare. La invito inoltre a prendersi cura di se stessa, è ingrassata di almeno 10 chili ed il sovrappeso non è un bene per il pavimento pelvico, probabilmente anche questo ha peggiorato la situazione.

Ha da poco iniziato con il nuovo compagno un corso di ballo latino-americano. La invito caldamente a proseguirlo: sarà utile per perdere peso e per mantenere allenati i muscoli del bacino e del pavimento pelvico e magari contribuirà a mantenere alto anche il tono dell’umore, che non guasta. Brava Emanuela, continua ad esercitarti, non voglio più vederti nello studio.

Aldo mi contatta dopo un mese dall’intervento di prostatectomia per un carcinoma. Intervento con il robot: gli hanno detto che è il massimo della tecnologia! Catetere rimosso dopo 15 giorni, ha molte perdite urinarie, ma gli hanno detto che migliorerà. Quando lo vedo indossa il pannolino mutandina stabilmente, perde in continuazione, è disperato: qualche piccola perdita se l’aspettava, ma così non è vita, non esce più di casa, perde anche se non fa niente…..
Compilo la cartella, ha 72 anni, prende il diuretico da anni, di notte si alzava minimo una volta per notte già prima dell’intervento, non avverte più lo stimolo minzionale, la situazione è seria e lui è molto preoccupato. Cerco di tranquillizzarlo e lo invito ad avere fiducia nel percorso, può essere che qualche piccola perdita resti ma che vale la pena  provarci e che ho bisogno della sua collaborazione a domicilio. Iniziamo con la teoria, gli faccio vedere una serie di tavole anatomiche, parliamo dei muscoli di pavimento pelvico, di sfintere  volontario e non, dell’uretra e della sua lunghezza, del prima e del dopo intervento. Iniziamo ad attivare i muscoletti, contrazione veloci, lente, parliamo di preattivazione, respirazione, diario minzionale, ecc. Mi segue, qualcosa si muove. I primi diari sono disastrosi, la sua attivazione è debole ma gradualmente qualcosa cambia.

Inizialmente minge piccole quantità poi da 40-50 cc passiamo a 100, 150, 200. Le perdite diminuiscono, di notte finalmente non perde più, di giorno capita ancora se cammina molto, quando fa la spesa, quando si occupa dell’orto e del giardino…. Gradatamente impara a riconoscere la causa scatenante e a preattivare  la contrazione muscolare, torna a percepire lo stimolo, riesce ad arrivare in bagno. Situazione decisamente cambiata. Lo invito a provare a togliere il pad anche di giorno perché avvertire la goccia che scappa ci aiuta a far scattare le difese.
Le ultime sedute, sei in tutto, sono diradate, mi dice che sì, qualche volta nel tardo pomeriggio\sera, qualche goccia scappa se solleva un peso importante, se mette la moto sul cavalletto ma va bene così, ha salvato la pelle, il psa è zero e qualche goccia pazienza, anche il suo amico gli ha confidato che, a volte, qualche goccia scappa anche a lui quando gioca a bocce, e lui non è stato operato. Sa, mi dice salutandomi, in fondo ho settantadue anni, per fortuna ho incontrato lei, che mi ha ridato speranza. Addio Aldo, continua ad esercitarti perché forse c’è ancora qualche margine di miglioramento.

COLLABORAZIONI

Mirella Defilippi

Fisioterapista

Lavorare sul tuo corpo, fare esperienza del movimento, prendere coscienza dei tuoi muscoli e delle sue parti più nascoste e  ignorate.

Conoscenza  e prevenzione: prima del parto e  della chirurgia riparativa, ad ogni donna è chiesto di fare esperienza della propria anatomia … per evitare problematiche che alterano la qualità della  sua vita quotidiana e il suo benessere psico-sessuale e sociale.

  • Prevenzione primaria del danno perineale
  • Pavimento pelvico e incontinenza urinaria (femminile e maschile)
  • Cistiti ricorrenti
  • Incontinenza fecale e stipsi
  • Alterazione della statica pelvica (prolasso)
  • Dispareunia e dolore pelvico cronico
  • Ginnastica posturale abbinata all’attivazione del pavimento pelvico
  • Riabilitazione Addomino-perineale post-partum
  • Diastasi dei Muscoli Retti dell’addome

Sono fisioterapista dal 1983. Ho lavorato presso varie ASL liguri e dal 1988 presso la ASL 4 – Tigullio Orientale fino al 30 dicembre 2018.

Nel 1997 ho partecipato al primo corso di riabilitazione del pavimento pelvico tenutosi a Sestri Levante con la partecipazione del Prof. Di Benedetto e da allora ho iniziato ad appassionarmi all’argomento, frequentando numerosi corsi e convegni sull’argomento, sia come discente che come docente.

Nel 2000 ho iniziato ad occuparmi di Riabilitazione pelvi perineale presso l’Ospedale di Sestri Levante fino al 30 dicembre 2018.

Nel 2013 ho conseguito un “Master internazionale di riabilitazione pelvi-perineale” a Milano.

Ho svolto attività di docenza presso il Corso di laurea in “Fisioterapia” dell’ Università degli Studi di Genova – Sede ASL 4 “Chiavarese” per la materia “RIABILITAZIONE DELLE FUNZIONI VISCERALI – RIABILITAZIONE URO-GINECOLOGICA” dall’anno accademici 2004-05 all’anno accademico 2018-2019 e sempre per l’Università degli Studi di Genova, sede di Genova, negli anni accademici 2017-2018 e 2018-2019.

Da marzo 2019 esercito come libero professionista per la riabilitazione del pavimento pelvico.

Gravidanza


Gravidanza


Potermi prendere cura della Donna, di ogni donna nelle diverse stagioni della sua vita, è la cosa più affascinante e più interessante del mio lavoro.

La Gravidanza, e più in particolare la prima gravidanza, è un periodo magico, irripetibile nella vita di una donna.

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